Il
Caso del Vuoto a Rendere
Guglielmo e Luigi Calcerano
Il racconto è stato pubblicato, con lo pseudonimo di Dante Gentilini, in Delitti di Carta, la rivista diretta da Renzo Cremante e Loriano Macchiavelli
(Anno VII, n.2 maggio 2004, pag.49)
Facevo
ancora fatica ad abituarmi a Quagliariello. E tutto era cominciato solo perché
il primo giorno di scuola l’unico posto libero era vicino a lui, a Quaglia,
insomma. Quagliariello
era un tipo snob, taciturno,
insofferente, persino autoritario con chi gli dava corda. Con me, in pratica.
Certe volte sembrava che fosse venuto da un’altra galassia, o qualcosa di
simile. Non aveva niente che potesse anche lontanamente interessare il resto
della nostra classe. Di
solito portava eleganti pantaloni con le pince e una camicia, bianca o al
massimo azzurra. Gli occhiali invece li portava nella custodia e se li metteva
solo quando lo riteneva veramente necessario. -
Allora? -
Fai silenzio. Non abbiamo stabilito un tempo massimo per muovere, no? La
situazione era complicata. Avevo la Torre inchiodata davanti al Re, e la Regina
praticamente bloccata in un angolo della scacchiera. Forse
era proprio il suo comportamento nevrotico a renderlo interessante. La sua
curiosità, la sua determinazione a controllare tutto, a tener d’occhio tutti,
a non fidarsi delle semplici balle che la gente usa per liberarsi dalle
seccature o per mandare qualcuno a quel paese. Se
c’era qualcosa che non lo convinceva o lo incuriosiva, Quaglia cominciava ad
indagare, ad osservare, ricercare, pedinare. Si impicciava di tutti e di tutto
come le portiere dei condominii. In effetti era un investigatore naturale.
Diciamo la verità; era anche un gran rompicoglioni, ma questo non offuscava le
sue qualità di detective. Insomma,
dopo un paio di mesi passati insieme al banco, era già troppo tardi. Venivo
costantemente bersagliato dai racconti delle sue indagini, e così cominciò ad
insinuarsi a poco a poco un’idea nel mio cervello.
Era necessario che qualcuno consegnasse ai posteri la genialità di
Riccardo Quagliariello, e sarei
stato io. Fra l’altro, un giorno mi confessò che, a causa di un certo
terribile avvenimento, di cui non voleva parlare, aveva abbandonato
definitivamente la sua ragione di vita, cioè l’investigazione. Senza
pensare troppo alle conseguenze, spostai la Regina sulla diagonale
dell’Alfiere nero, puntando su uno dei suoi due Cavalli. -
Grandi manovre, vedo. -
Dietro c’è molto di più di quanto sembri.- mentii. La
prima volta che mi parlò di una delle sue indagini fu in uno di quei giorni di
fine settembre in cui ancora non si fa niente. La Cicciona mancava, un’ora di
buco a matematica, e la classe faceva casino, come sempre. Improvvisamente si
voltò verso di me e pronunciò le parole fatidiche che avrebbero sempre
preceduto le sue memorie: -
Mi ritorna in mente or ora il
complesso Caso del Vuoto a Rendere, un’indagine svolta nell’ambiente
squallido dei sedicenti college inglesi che spennano le famiglie italiane
ansiose di vacanze studio, affiancando la scuola nell’inutile agone con la
lingua straniera... Naturalmente
gli dissi che non me ne fregava niente, ma
fu come se non avessi parlato. Anche adesso che mi sono arreso ai
resoconti delle sue investigazioni, se non sono troppo in vena cerco di
ostentare l’indifferenza più totale. Magari mi metto a disegnare sul banco o
apro un libro. Ma non c’è assolutamente verso di farlo smettere una volta che
abbia iniziato. Quaglia parla come per conto suo, e alla fine non prestare
attenzione è controproducente. Uno rischia di non afferrare i passaggi chiave,
e va a finire che hai buttato via una mezz’ora senza neanche capire che cosa
diavolo ti ha raccontato. In
realtà uno non può decidere di ascoltare le storie di Quagliariello; è lui
che sceglie te. -
Mi trovavo nei pressi di Birmingham in un oscuro paesino, l’equivalente
britannico di Roccasecca dei Volsci, con in più un preteso college disertato
dagli inglesi e riempito solo d’italiani che alla mia mente ignara ma non
incolta ricordò subito l’immortale collegio Pierpaoli di Vamba. Fu lì che
avvenne il furto delle sterline che accuratamente un minus habens di nome
Paolo Fusacchia aveva nascosto in un pacchetto di Marlboro. Un vero bambino. Si
era portato dietro le sigarette da casa, per evitare di doverle acquistare
davanti ai professori del college, col rischio di una spiata presso i genitori. -
Quanti anni aveva ‘sto Focaccia? -
Fusacchia. La tua domanda, oltre che mal formulata, è irrilevante, ma ad ogni
modo la vacanza-studio era per ragazzi dai tredici ai sedici anni, fai tu. Una
cosa che apprezzavo di Quaglia era il fatto che adoperasse parole che nessuno in
classe avrebbe mai detto, e pochi avrebbero persino capito. -
Avevo già durante il viaggio risolto il Caso del Controllore Intermittente, e
ciò aveva fatto sì che la mia fama si diffondesse fra gli abitanti del
college; niente di strano quindi se, un giorno, il predetto Fusacchia si sia
presentato da me in cerca di aiuto. Il
caso appariva semplice e, per ciò stesso, ingannevole. Tanto
per cominciare, stando alla versione della vittima, l’ora del furto era
perfettamente individuata. Dovrei meglio dire la mezz’ora del furto, perché
prima di cedere ad un per lui incomprensibile ma utile istinto e andare
finalmente a farsi la doccia, Fusacchia aveva contato le 21 sterline che gli
rimanevano e dopo averle, per così dire, celate nel pacchetto di Marlboro, le
aveva buttate sopra l’armadio metallico. Divideva
la stanza con tale Cirulli Aldo e quel giorno avevano anche diviso la mezz’ora
di doccia. Al ritorno nella stanza aveva
trovato sul letto il pacchetto di sigarette vuoto e le sterline evidentemente
sparite. Successivamente il Fusacchia lamentò anche la perdita di una
confezione di gomme da masticare quasi piena. Tra le tante scemenze che sentii
quel giorno registrai anche questa, che a te segnalo subito, per facilitarti la
comprensione. Cominciai con un blando interrogatorio della vittima. -
Scusa, ma sospettavi anche di questo Fusacchia? Sospirò.-
L’interrogatorio è stato blando, ti ho detto. E comunque mai nessuno può
essere considerato insospettabile in una indagine. E’ l’ABC, capisci?
Cirulli era rimasto nelle docce con Fusacchia e dunque pareva potesse essere escluso. I sospetti di tutti si erano invece
appuntati su tal Pomata, giovane di modesta moralità ed inviso a molti,
Fusacchia e Cirulli compresi. -
Sospetti o pregiudizi? Mi
guardò seccato prima di riporre con cura gli occhiali nella custodia. -
Le solite antipatie che possono insorgere tra tredicenni. Soprannomi, prese in
giro, rivalità in amore...fra l’altro, pare che il Pomata avesse sottratto a
Cirulli la ragazza, profittando di una sua prolungata assenza da scuola a causa
della varicella. Gesto che era stato punito con una memorabile scarica di
cazzotti, a sentire Cirulli. Sta
di fatto che il giorno prima il Pomata aveva rifiutato di restituire un prestito
incautamente fattogli da uno dei più giovani ed era parso preoccupato per il
suo foraggiamento in vista della imminente gita ad Alton Towers, specie di
Disneyland lasciva e tentacolare ma soprattutto molto cara, dove dar fondo alle
finanze rimaste. Naturalmente cominciai una serie accurata di interrogatori, per
controllare le versioni e l’impronta psicologica di tutti. Ma ti faccio grazia
di tanti colloqui, a posteriori inutili. Tra
gli altri misi subito gli occhi su un villico originario di Monterotondo, tale
Terziarioli, sedicenne e quindi, all’epoca, mio coetaneo, che sembrava la
quintessenza dell’onestà e della maturità. Costui aveva avuto la presenza di
spirito di denunciare la sparizione delle ultime due sigarette che gli erano
rimaste, nonché di un vecchio asciugacapelli, che avrebbe poi ritrovato in
seguito ad altre vicende che non ci riguardano. -
Allora il colpevole era un occasionale ladro di sigarette? Quaglia
ignorò il mio commento e proseguì. - Sia lui che altri tre
sventurati reclusi del college, inoltre, erano stati testimoni uditivi; avevano
raccontato di aver sentito gli zoccoli di legno del Pomata nel corridoio durante
la pausa doccia di Fusacchia. Ti rendo noto che il Pomata era l’unico del suo
piano a portare quelle calzature così originali e grossier… - Poteva non essere lui
a… - Ma avevo anche un
testimone oculare di sufficiente attendibilità: don Tucci, organizzatore della
vacanza studio, lo aveva incrociato, testuali parole, come se fosse appena
uscito dalla stanza di Fusacchia. - Come se fosse appena
uscito? - Non sono stato in
grado di cavargli di più. Aveva come avuto l’impressione che fosse appena
uscito da quella stanza ma, in realtà non avrebbe potuto confermarlo ed un buon
avvocato americano, sul banco dei testimoni lo avrebbe fatto a pezzi.
Il Pomata con occhi innocenti a domanda rispondeva di essersi solo
trovato a passare di lì per raggiungere la cucina e di non essere per nulla
entrato nella stanza di Fusacchia. Facciamo un passo avanti. Alla gita il
Pomata si comporta in maniera sospetta, spende con larghezza, dimentica un
cospicuo resto, si imbottisce di fish & chips, si ubriaca, cerca in
ogni modo di mettersi la corda attorno al collo. - Ha anche restituito
il prestito? - Non fino a questo
punto. E adesso facciamo un passo indietro. Per esigenze investigative mi ero
sottratto all’insulsa scappatella turistica e con don Tucci, durante
l’assenza di tutti, avevo proceduto ad una accurata e benedetta perquisizione
della camera del Pomata. Fu un lavoro sporco, anche il college del resto era
maledettamente sporco, ma rinvenni tra i liquami del water la carta
appallottolata delle gomme da masticare trafugate, stesso gusto favorito da
Fusacchia. - Caso risolto. - Nient’affatto.
Diffido sempre delle conclusioni verso cui tutto e tutti vogliono condurmi.
Procedo ad un altro colloquio con il Pomata, interrogatorio duro, e alla fine,
minacciato di porridge fino alla fine dei suoi giorni, e distrutto anche
dalla presenza minacciosa del ministro di Dio, questi confessa di essere entrato
nella camera del derubato perché
gli voleva chiedere un prestito e di aver “zincato”, per usare il suo gergo,
le gomme da masticare. Ma nient’altro. - E’ chiaro. Con
la carta delle gomme che gli avevi trovata in camera… - Ma a lui non lo avevo
detto. Era una carta che mi conservavo coperta, se capisci il calembour.
Ad ogni modo, c’erano troppi dettagli che non tornavano nel quadro
d’insieme, e restava la tentazione intellettuale. Qualunque dilettante si
sarebbe accontentato di quei risultati . - Ma non il grande
Quagliariello. - Non io. In
particolare due erano gli aspetti che non mi convincevano. L’inspiegabile
scomparsa delle ultime due sigarette di Terziarioli... - Capirai, quello
s’era perso pure il fon. - ...ed il troppo
perfetto alibi di Cirulli. Ti ho già accennato, se ben ricordi, che
quest’ultimo non mancava mai di mostrare un forte malanimo nei confronti del
Pomata, giovane prepotente e poco trattabile, tra l’altro. Cirulli mi
interessava e insospettiva; era un tipo poco attaccato al denaro ma astioso, e,
ritenni, vendicativo. Capisci bene che un compagno di camera avrebbe avuto le
migliori informazioni per un furto, conosceva la cassaforte delle sterline e
aveva assistito al tiro sopra l’armadio prima della puntata alle docce. - Ma aveva un alibi di
ferro! Mi dedicò uno dei suoi
rari sorrisi. - Appunto. Sospetto no? Solo lui aveva un alibi di ferro in tutto
il college. Tornai ad interrogare Fusacchia e mi feci descrivere di nuovo
puntigliosamente il ritorno nella stanza. In effetti Cirulli era entrato un
secondo prima di lui…Non più di un secondo però, un secondo vero,
d’orologio. Quagliariello si
interruppe e mi rivolse uno sguardo a metà fra il divertito e il
compassionevole. - A questo punto
dovresti avere tutti gli elementi sufficienti per arrivare alla soluzione del
caso... - Elementi un cavolo! E
comunque un secondo di orologio era troppo poco per fare qualsiasi cosa. Non
poteva certo mettere una sedia accanto all’armadio, salirci, prendere la
scatoletta, vuotarla e buttarla sul letto! - No. Ma devi sapere
che avevo avuto la cura di conservare il pacchetto di Marlboro che la vittima
aveva rinvenuto vuoto sul letto al suo ritorno, quale reperto A. Dopo il secondo
interrogatorio di Fusacchia, tornai in camera mia per esaminarlo con più
attenzione. Notai un particolare che, in quanto non fumatore, in un primo
momento avevo avuto la dabbenaggine di tralasciare. Si trattava di un pacchetto
destinato alla commercializzazione in paesi anglofoni; mancava della scritta in
italiano “Nuoce gravemente alla salute” o equivalente, e tutte le altre
indicazioni erano in inglese. Ricordo che osservai
Quagliariello stordito dalla gravità della rivelazione, senza riuscire però a
comprenderne le conseguenze. - Capisci, ora? Cirulli
aveva in un primo momento sottratto il pacchetto contenente le ultime due
Marlboro a Terziarioli, il quale, sedicenne e maturo, come ti ho detto, non
aveva bisogno di nascondere questa piccola debolezza, e acquistava
tranquillamente le sue sigarette dagli inglesi. Poi aveva atteso il momento
opportuno. Accompagnato Fusacchia alle docce, aveva fatto in modo di precederlo
tornando in camera; una volta dentro aveva solo avuto il tempo di tirare fuori
dalla tasca dell’accappatoio il pacchetto vuoto di Marlboro che si era
procurato depredando Terziarioli, e gettarlo sul letto. Fusacchia crede di
capire al volo e, in preda al panico, si
precipita da me con la presunta cassaforte in mano. - Ed è stato durante
questa breve assenza che Cirulli si è impossessato dell’altro pacchetto,
arrampicandosi sull’armadio! Quaglia mi concesse
un’occhiata di superiore benevolenza, smorzando inesorabilmente la mia
esultanza. - Ma perché Cirulli ha
organizzato tutto questo ai danni del suo amico Fusacchia? - L’amicizia spesso
è una questione di contingenze. Cirulli voleva incastrare il Pomata, che
oltretutto, col furto delle gomme e la sua già corrotta reputazione, gli ha
offerto il destro. Evidentemente, Cirulli aveva ritenuto che la sonora lezione
impartita al suo vincitore in amore, se pure vi era stata, era insufficiente. - E come è andata a
finire? - Mi sono recato di
nuovo sul luogo del delitto, ed ho esposto a Fusacchia e Cirulli le conclusioni
a cui ero giunto. Ovviamente Cirulli nega tutto, dall’inizio alla fine. Ma un
certo nervosismo nel suo modo di rispondere mi da’ l’illuminazione. Senza
perdere altro tempo, svuoto il contenuto del cestino delle cartacce sulla
moquette. Non pulivano spesso le stanze ed era plausibile che il criminale, in
un eccesso di sicurezza, avesse trascurato di far sparire definitivamente
l’altro pacchetto, quello italiano. Che infatti se ne stava accartocciato sul
fondo del cestino. Ad ogni modo, non
riuscii a strappargli una confessione. Ma credo che quella parte del lavoro
l’abbia svolta, professionalmente, il sacerdote, tanto che i soldi tornarono a
saltar fuori e non dalle tasche del Pomata, come doveva essere l’intento
originario. - Non hai avuto
soddisfazione, allora. - Ti sbagli. La mia
soddisfazione è stata quella di incontrare un mistero e di risolverlo. Che ci
importa di 21 sterline, del Pomata e di Cirulli? In questo commento, mi
pare ci sia la grandezza di quel rompicoglioni di Quagliariello. Lo osservai di nuovo
con attenzione, mentre fissava concentrato la scacchiera, uscendo a poco a poco
dai ricordi in cui mi ero perso aspettando la sua mossa. - Scacco matto. Diedi un colpetto al Re
bianco, che cadde allegramente sulla scacchiera. Poi cominciai a rimettere a
posto gli scacchi, incombenza che, come perdente, mi toccava spesso. - C’è una cosa che
ancora non mi hai spiegato circa il Caso del Vuoto a Rendere. - chiesi. Quaglia
impercettibilmente inarcò un sopracciglio, come se una domanda così improvvisa
lo stupisse, ma non troppo. - Ebbene? - Perché lo hai
chiamato così? Si sistemò meglio
sulla poltrona assumendo un’espressione seria. - Cirulli si era servito di un
pacchetto di sigarette vuoto per raggiungere i suoi fini, cosa che gli
avrebbe potuto rendere, oltre alle 21 sterline, la desiderata vendetta. La
sua determinazione di abbandonare le investigazioni non durerà, ne sono sicuro. Per questo ho deciso di
intitolare la cronaca che scrivo su di lui “Il ritorno di Quagliariello”. Ma
questa è un’altra storia…
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